Palazzo Ducale – Piazza Giacomo Matteotti, 9 – Genova Da sempre i Venerdì di DPT sono l’occasione per approfondire le tematiche fiscali di maggiore interesse ma anche e soprattutto per formulare concrete proposte di intervento a livello legislativo ed amministrativo, in tal modo assicurando un dialogo fattivo con istituzioni e operatori del diritto.

Sennonché, così come ogni ricorrenza porta a guardare a ritroso, anche i novanta anni della Rivista spingono ad effettuare un bilancio sul progressivo cammino del nostro sistema tributario, sul suo stato attuale e su come si debba intervenire per migliorarlo, rendendolo più efficiente.

Tale esigenza scaturisce dal ricordo dei primi convegni della Rivista, nei quali i nostri grandi Maestri (da Enrico Allorio ad Antonio Berliri, da Enzo Capaccioli a Gian Antonio Micheli), già denunciavano un graduale declino della legislazione – principalmente sul piano dei contenuti – un declino che, riconosciuto anche in sede internazionale, non solo era causa di sperequazioni interne ma impediva anche l’attrazione di investimenti esterni. Tale situazione, ben evidenziata all’interno del rapporto Ruding, era sfociata sia in distorsioni della concorrenza – in favore di altri Paesi Europei che più sollecitamente avevano colto le spinte di riforma provenienti dagli Stati Uniti nel corso degli anni ottanta – sia nell’aumento della spesa pubblica, che a fronte dell’inadeguatezza delle entrate aveva determinato un deciso incremento del debito.

Non sono mancati, per vero, nel corso degli anni novanta, alcuni interventi meritevoli, come la legge n. 545 del 1992 per la giurisdizionalizzazione delle Commissioni Tributarie o l’adozione dello Statuto dei diritti del contribuente, provvedimenti che derivarono dalla ricerca “Per un Fisco ordinato” svolta da Cnel per incarico del Ministro delle Finanze. Si è trattato, però, di interventi che in buona parte sono rimasti sul piano degli intenti, se solo si considera che la riforma dei giudici tributari è rimasta incompleta, che il ricorso al decreto legge in materia tributaria rappresenta la via ordinaria e non l’eccezione e che i provvedimenti di condono sono stati per anni la soluzione per porre rimedio alla necessità urgente di gettito.

Accanto alle questioni legate ai contenuti dei provvedimenti legislativi, vi è quello della pessima formulazione delle leggi tributarie, un problema che risale agli anni ottanta – quando le incertezze terminologiche erano state strumentali all’allargamento della base imponibile – ma che caratterizza un po’ tutti i provvedimenti degli ultimi anni (si pensi alla legge n. 186 del 2014 sulla voluntary disclosure che per tale ragione ha certamente raccolto un numero inferiore di adesioni).

Oltre che per guardare a ritroso, però, i novant’anni della Rivista sono un’occasione per volgere lo sguardo al futuro, a ciò di cui ha bisogno il nostro ordinamento tributario non tanto sul piano della struttura impositiva – più o meno analoga nei Paesi Europei – quanto con riferimento alla necessità di eliminare disparità e sperequazioni, di proseguire nella riforma del processo tributario con particolare riguardo all’autonomia ed alla professionalizzazione dei giudici, anche della sezione tributaria della Suprema Corte, e di arginare la continua deroga alle disposizioni dello Statuto.

Solo in parte l’UE può compensare le criticità interne, ma può rappresentare un fattore di spinta propulsiva per svolte significative, come presto potrà avvenire con riguardo al contraddittorio preventivo: dopo le resistenze all’affermazione generalizzata di tale obbligo, la Cassazione (ord. 9278/2016) ha infatti rimesso alla Corte di Giustizia la relativa questione.

Sono molte, dunque, e differenti tra loro, le aree che necessitano riflessioni e interventi, se non di globale riforma, quantomeno mirati, ma tempestivi e non più rinviabili.

Questo convegno intende allora raccogliere le sollecitazioni più urgenti e proporre i contributi migliori degli studiosi, amici e allievi, cui ho chiesto di partecipare.

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